Perché, in questi giorni complicati, è così difficile restare in casa? Perché, nonostante i decreti emessi, molte persone si muovono ancora liberamente sul territorio dando percezione di non aver compreso il problema?

Non mi riferisco alla noia, al cambiamento delle abitudini, al fatto che l’essere umano è un animale sociale quindi si nutre di relazioni. Mi riferisco invece ad un meccanismo più ancestrale, insito in ciascuno di noi che ha a che fare con la reazione istintiva ad una minaccia. Questo è il meccanismo di attacco-fuga che ciascuno di noi, di fronte ad una situazione di pericolo, mette in atto.

Attraverso questo meccanismo si può reagire al pericolo in due modi: attaccando o fuggendo. Questo si applica bene anche alla situazione che stiamo vivendo, i meccanismi sono i medesimi e le reazioni collegate sono ben distinguibili.

La reazione di attacco consiste nel far finta che non sia successo niente, cercare quindi di condurre la propria vita quotidiana come se nulla fosse, nell’illusione di essere potenti e forti di fronte al problema. Questo ovviamente espone ad un rischio enorme: non solo la persona che compie e agisce questa quotidianità mette a rischio se stessa ma anche tutte le persone con cui è entrata in contatto.

Il meccanismo di fuga, il più saggio in questo periodo, lucidamente ci porta a rimanere a casa, ci fa comprendere il bisogno della quarantena ma al tempo stesso non permette la risoluzione completa dello stimolo. La minaccia infatti non si esaurisce, la paura permane quindi siamo costretti a resistere e fare i conti con un livello costante di paura che si mitiga dallo stare a casa ma non cessa del tutto.

Questa situazione che stiamo vivendo diventa difficile perché ci priva dei meccanismi ancestrali di cui siamo fatti: attaccare diventa distruttivo per se stessi e gli altri e fuggire non è pienamente risolutivo poiché la paura, nonostante sia mitigata, rimane.

 

 

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