Attualmente si stanno osservando sempre di più nuove tipologie di nuclei famigliari, spesso create dopo la rottura del legame matrimoniale. Dopo il divorzio o la separazione, gli ex coniugi possono ricreare una nuova famiglia inglobando quindi figli del precedente matrimonio e generandone ulteriori, creando “famiglie ricomposte”. Gli stessi possono anche tornare nel proprio nucleo d’origine portando con sé i figli. Il genitore affidatario può altresì scegliere di vivere solo con i figli, senza legarsi ad un nuovo partner o frequentandolo al di fuori della propria abitazione; tali nuove strutture sono chiamate “famiglie monoparentali”. Le coppie possono anche decidere di convivere senza istituzionalizzare il loro nucleo attraverso il matrimonio formando “famiglie di fatto” oppure possono esserci famiglie adottive, famiglie miste con membri di etnie e origini diverse.
La famiglia è un nucleo vitale che si può riorganizzare continuamente nella sua composizione interna e si evolve con il contesto. Le relazioni che si instaurano tra i membri delle famiglie ricomposte sono a loro volta influenzate dal modo in cui altre figure di riferimento come insegnanti, coetanei, mass media, connotano queste relazioni, moltiplicando le opportunità di interazione e ampliando il concetto di famiglia. La membrana della cellula-famiglia risulta oggi più sottile.
La presenza di diverse forme famigliari è un fenomeno che caratterizza la società italiana già da qualche anno, eppure è solo in tempi recentissimi che sia la letteratura scientifica che i mezzi di comunicazione di massa ne hanno fatto un preciso oggetto di interesse. Le forme famigliari diverse da quella nucleare tradizionale non costituiscono una novità dell’ultima ora, come forse le informazioni diffuse dai mass-media potrebbero far pensare. La novità è che negli ultimi tempi se ne parla in modo diverso: si è infatti lentamente avviato un processo culturale che sta gradualmente mettendo in discussione l’idea che il nucleo composto da coppia eterosessuale e figli biologici costituisca l’unico punto di riferimento di ciò che si debba intendere per famiglia. Anche nel passato, infatti, nuove forme famigliari si sono formate e sviluppate, ma ciò avveniva in un contesto sociale caratterizzato da una cultura che considerava le forme famigliari diverse da quella nucleare come forme incomplete o portatrici di patologia. Essendo ritenute deviazioni dal modello, queste forme famigliari non ricevevano nessuna attenzione dai mezzi di comunicazione di massa. Esse semmai erano studiate appunto come “casi” dalle varie branche della indagine clinica.
In Italia la diffusione delle nuove tipologie famigliari è limitata rispetto al resto d’Europa; si incontra nel nostro paese una maggiore resistenza al riconoscimento sociale di tali configurazioni, non soltanto presso la popolazione ma anche presso operatori del settore come psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, mediatori famigliari a cui si rivolgono le famiglie in fase di separazione e ristrutturazione.
Agli inizi degli anni 2000 fu compiuta un’interessante ricerca a livello nazionale finalizzata ad esplorare le convinzioni di un ampio gruppo di operatori psico-sociali, impegnati in un corso di mediazione famigliare, quindi tendenzialmente più sensibili alle problematiche ad esso relative. Dalla ricerca era emerso che c’erano scarse conoscenze sulle famiglie ricomposte: più della metà dei partecipanti identificava la famiglia come un nucleo riconosciuto giuridicamente attraverso il matrimonio e il legame di sangue era considerato più importante dell’esperienza e della condivisione. Spesso si era anche riscontrata l’idea che la ricomposizione famigliare non si concilia naturalmente con la funzione genitoriale e con l’immagine tradizionale della famiglia. Solo pochi operatori ammisero che riconoscevano la famiglia indipendentemente dal legame biologico.
Dalla ricerca appena citata sono passati circa vent’anni; è pertanto inevitabile che il tempo porti con sé il cambiamento anche delle opinioni e degli atteggiamenti. L’aspetto fondamentale, da non dimenticare, è che indipendentemente dai punti di vista l’obiettivo è conservare il benessere, psicologico individuale e famigliare, qualunque definizione di “famigliare” il soggetto faccia propria. La famiglia è un sistema vivente, è influenzato e influenza; anteporre ad essa il possibile giudizio negativo riguardo alle nuove tipologie famigliari nascenti potrebbe essere deleterio rispetto al più importante obiettivo del benessere, traguardo che queste nuove famiglie cercano quotidianamente di raggiungere.