“Dottore è possibile avere una relazione soddisfacente, appagante, felice con una persona che ha un disturbo di personalità?”

Facciamo un piccolo excursus sui disturbi di personalità: sono suddivisi in tre macro categorie (o cluster): A, B e C.  I disturbi di cluster A (schizoide, disturbo paranoide,…) sono caratterizzati da una certa bizzarria dei comportamenti. I disturbi di cluster B (disturbo narcisista, disturbo borderline, disturbo antisociale, istrionico,…) che sono invece tutti caratterizzati da una certa una certa eccentricità del comportamento e anche un ruolo dell’emotività fondamentale all’interno del comportamento stesso. Il cluster C è legato a disturbi ansiosi o inibiti (disturbo dipendente di personalità, evitante,…).

Partiamo da questo presupposto: esistono diverse categorie di disturbi di personalità, con caratteristiche specifiche che le accomunano, dall’altro ci sono aspetti trasversali a qualunque tipo di disturbi di personalità che possono andare a complicare la situazione quando si ha a che fare con le relazioni. Uno su tutti il fatto che molto spesso le persone che soffrono di disturbi di personalità non hanno una percezione chiara e propria del disturbo di personalità, riescono ad identificarlo solamente attraverso i feedback che ricevono dagli altri ovvero una persona con disturbo di personalità molto spesso non riesce ad essere conscia o autodiagnosticarsi il disturbo di personalità. Da quando questo disturbo altera il suo comportamento sociale, relazionale, lavorativo non riesce a dirsi o mettersi nella condizione critica del domandarsi “Sono io che ho qualcosa che non va, c’è qualcosa che non funziona? Il mio comportamento potrebbe alterare in alcune condizioni questa situazione piuttosto che quest’altra?” bensì riesce ad avere questa percezione solo basandosi sui feedback altrui, cioè quando gli altri iniziano a dire “Guarda che però se fai così c’è qualcosa che non va, perché ti comporti in questa maniera?”.

La discrepanza tra ciò che la persona fa e pensa essere giusto fare e ciò che la società si aspetta è qualcosa che viene evidenziato solo da chi sta vicino a questa persona ma difficilmente la persona che soffre disturbi di personalità riesce a comprenderla. Quindi il primo punto da considerare è proprio questo: la persona non lo sa o comunque non riesce a rendersene conto e pertanto non è mai sicura, tanti non accedono ai trattamenti di psicoterapia proprio perché non sono effettivamente convinti e non lo saranno mai dei feedback che ricevono dagli altri e quindi del proprio disturbo. Quindi se la persona non lo sa di fatto non è ingannevole, però è inevitabile che si alterino anche le aspettative dell’altro; chi si innamora di una persona con un disturbo di personalità ovviamente si trova sballottato talvolta in comportamenti che possono destabilizzare.

Inoltre la relazione con una persona che soffre di disturbo di personalità varia in funzione del disturbo di personalità stesso. Ci sono disturbi di personalità che non hanno alcun interesse ad entrare in relazione con l’altro e quindi difficilmente avranno una relazione. Tutte le persone che soffrono di un disturbo del cluster A vivono ai confini, spesso sono invisibili, sono estremamente diffidenti, sono ritirati socialmente, quindi non desiderano entrare in contatto con qualcun altro. Ciò accade perché è proprio parte del sistema, è parte della difficoltà e quindi non hanno interesse né piacere a relazionarsi con qualcuno o con questo qualcuno iniziare una relazione venisse ne tengono anzi ben alla larga perché questa è una caratteristica specifica del  disturbo di personalità stesso. Un quadro affine si mostra nelle persone affette da disturbi del cluster C, ad esempio la persona che soffre di disturbo evitante non avrà alcun interesse ad entrare in relazione con voi o l’individuo con disturbo dipendente sarà estremamente smaccato nel tentativo di entrare relazione, inizierà a manipolare la relazione sin da subito e questo aspetto apparirà talmente evidente che i campanelli di allarme dovrebbero attivarsi in un periodo brevissimo già dai primi momenti dei primi contatti.

Diverso è per quanto riguarda i disturbi del cluster B, che invece hanno a che fare proprio con l’emotività. Spesso si sente parlare del disturbo narcisistico ma anche disturbo borderline; quando si sostiene che sono disturbi subdoli ci si riferisce al fatto che difficilmente vengono identificati da subito, talvolta ingannano, perché quando si parla di love bombing piuttosto che di valanghe di amore, il principe azzurro che improvvisamente si palesa davanti ai nostri occhi, fanno parte di questo tipo di disturbi, c’è un aspetto appunto manipolatorio nel mettere in atto una relazione proprio perché chi soffre di questo disturbo o di questi disturbi tende ad accaparrarsi o a desiderare le attenzioni dell’altro e quindi poi spesso diventa e risulta essere manipolatorio. Facendo i conti con la poca consapevolezza di chi soffre di questo disturbo e le caratteristiche dei disturbi stessi già capiamo che non è poi così facile riuscire ad anche solo iniziare una relazione, perché molte persone se ne tengono alla larga e perché non sempre sono consapevoli della difficoltà; è però possibile in alcuni casi, ad esempio di disturbo narcisistico di personalità o quello border, che invece la relazione venga agita, perché la relazione viene ricercata. E a quel punto che cosa si fa? 

È effettivamente possibile avere una relazione felice con una persona che soffre di disturbo di personalità? Sì e no, in quanto si deve mettere in conto tutta una serie di alti e bassi, ma questa altalena deve riuscire ad essere ponderata in funzione della capacità di comprendere quanto questo comportamento è legato alla persona, alle sue caratteristiche e quanto invece al disturbo che la persona porta con sé. Nel momento in cui chi si innamora di una persona che soffre di disturbo di personalità ci si mette nella condizione di essere soli a portare avanti la relazione diventando estremamente condiscendenti, tolleranti, giustificando l’altro: siamo di fronte ad un problema e difficilmente si potrà essere realmente felici. Il momento in cui invece c’è una richiesta anche di impegno nei confronti di chi soffre di questo disturbo nel prendersene cura, nell’utilizzare anche la relazione come strumento d’aiuto allora gli spiragli per poter essere felici ci sono ma si deve al tempo stesso essere estremamente coscienti e consapevoli che sarà una relazione demanding, ovvero una relazione impegnativa, una relazione che metterà alla prova da un punto di vista emotivo ed affettivo.

Ciò non vuol dire che non si possa essere felici, ci sono mille altre relazioni che sono estremamente complicate per altri motivi a volte la distanza, a volte la condizione sociale, a volte le famiglie di origine, a volte delle difficoltà contingenti che la coppia si trova a vivere che sono richiestive. Ciò vuol dire che sicuramente si parte con questa consapevolezza e se si parte con questa consapevolezza allora c’è anche la possibilità di poter essere felici all’interno di questa relazione. Chiaramente l’impegno deve essere reciproco e gli scivoloni e le difficoltà dovranno inevitabilmente essere messi in conto proprio perché un disturbo di personalità, come suggerisce il termine stesso, ha a che fare con la personalità dell’individuo e quindi questa deve essere sicuramente oggetto di attenzione e di cura sia all’interno della coppia sia attivando una rete curante esterna che possa essere di sostegno.

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