Facciamo qualche riflessione sulla vittoria, sul concetto di vittoria e sulla cultura della vittoria. La cultura della vittoria è un sistema puramente occidentale che in qualche modo caratterizza e definisce il nostro comportamento in termini puramente prestazionali. La cultura della vittoria è qualcosa di deleterio e qualcosa di distruttivo soprattutto nella costruzione della personalità di un individuo. Innanzi tutto la cultura della vittoria evidenzia ed etichetta inevitabilmente il fallimento, qualcosa di sbagliato, nonostante la vita sia fatta di fallimenti. Un secondo punto importante è che non fa altro che aumentare la posta in gioco, cioè l’impossibilità di fallire e il dover necessariamente raggiungere la vittoria non fa altro che ridurre le possibilità di vincere. Questo accade perché questa cultura non fa altro che aumentare la percezione del rischio della perdita e non fa altro che aumentare la percezione alla sconfitta perché è qualcosa che cerco di evitare e da cui cerco di allontanarmi. Di conseguenza, inevitabilmente, la cosa continua ad essere presente pertanto non ne sono realmente libero. La cultura della vittoria è disfattista e potrebbe determinare dei rischi per la persona perché nel momento in cui si fallisce si deve lavorare per cercare di non pensarci e andare oltre. Nel momento in cui non si ha successo ci si orienta immediatamente alla sfida successiva, sostanzialmente una vita d’inferno. È chiaro che è più facile parlare che mettere in atto, non necessariamente una cultura della sconfitta, ma dell’apprendimento. Attraverso la cultura dell’apprendimento non esiste né vittoria né sconfitta ma la possibilità di riuscire o la possibilità di imparare qualcosa, imparare a come farlo.
Nella cultura della vittoria c’è il grande rischio di essere esposti all’infelicità perché si cerca in tutti i modi di evitare la sconfitta quindi questo inevitabilmente determina un momento nel quale, dopo una sconfitta, devo dimenticare velocemente. Allo stesso modo nel momento in cui si vince devo inevitabilmente orientarmi ad una nuova sfida e ad un nuovo successo perché di fatto è una condizione base, è data per scontata, la vittoria è l’unica possibilità e realtà desiderabile.
Non si deve esaltare il fallimento ma costruire una cultura dell’apprendimento basata sulla possibilità di riuscire a fare qualcosa, avere e darsi la possibilità di imparare. Per riuscire a sviluppare una cultura dell’apprendimento è importante tenere a mente qual è la mappa della propria vita, riuscire a guardare i comportamenti, i successi e i fallimenti, gli esiti delle azioni e osservare tutto ciò come una piccola parte del percorso di vita che ci si trova a vivere ed affrontare. Quindi imparare a non rendere ogni singola situazione una questione di vita o di morte ma riuscire a vedere tutto lungo l’asse della vita.
Quando si ha un sintomo si è disperati, distrutti, si vive particolarmente male ma questo caratterizza l’ultimo periodo della vita, gli ultimi mesi o anni. Riuscendo a vedere la limitatezza temporale di ciò che si sta vivendo, osservandolo in ottica prospettica, ci si permette la possibilità di cambiare, di dire: “ok vado oltre, cambio, mi do la possibilità di stare meglio”. Solo vedendo l’intera mappa della propria vita una persona può scegliere di cambiare direzione perché se invece si guarda solamente pochi centimetri avanti a sé, solamente caratterizzati e connotati dal sintomo che si sta vivendo, inevitabilmente il sintomo andrà a condizionare il resto della propria vita.