Oggi un post un po’ più personale, nel quale rispondo ad una serie di domande che mi vengono rivolte spesso: “Dottore che tipo di percorso di studi ha svolto? Cosa ha studiato?”. Vi spiego il mio percorso di studi e quali sono state le scelte che ho compiuto, quelle che mi hanno portato a fare quello che faccio, ovvero lo psicoterapeuta.
Come tutti ho fatto la scuola dell’obbligo, mi sono diplomato e ad un certo punto mi sono trovato a scegliere se andare a lavorare o continuare a studiare e, continuando a studiare, che tipo di università scegliere. Ho deciso di optare per la psicologia, perché lo sentivo in qualche modo come una vocazione. Sentivo quasi di non fare fatica e non mi sembrava neanche di studiare così come oggi, spesso, mi sembra quasi di non lavorare, vivo il mio lavoro come un piacere o un hobby.
In principio la mia idea era quella di studiare criminologia ma il mio ripensamento è stato lampo e infatti al secondo anno ho scelto psicologia dello sviluppo dell’età evolutiva. Purtroppo però questa si è rivelata essere una scelta sbagliata ma per fortuna una volta conclusa la triennale ho potuto nuovamente cambiare il percorso di studi perché rispetto alla parte evolutiva, quindi dalla nascita sino alla fanciullezza, trovavo più interessante l’età adulta in primis, ma comunque dall’adolescenza in poi. Per questo, a seguito della laurea triennale, ho scelto psicologia clinica e neuropsicologia.
Ho subito capito che questa strada era molto più affine ad i miei interessi, che piano piano si sono costruiti. Ero attirato da questo mondo, ma non riuscivo a mettere a fuoco che cosa mi interessasse fare. Volevo perciò diventare ancora più specifico e più verticale nella mia specializzazione, quindi ho iniziato a chiedermi che cosa mi interessasse tra tutto e ho scelto la psicoterapia: durante il quarto anno di università ho deciso che sarei diventato uno psicoterapeuta, ma quale tipo di psicoterapia?
Una volta che mi sono laureato ho fatto un po’ scegliere al fato: dovevo fare un tirocinio (obbligatorio per potersi iscrivere all’albo) così ho mandato diversi curriculum all’estero, ed ho avuto l’opportunità di continuare la mia formazione prima e la mia professione poi a Richmond, in Inghilterra, in un ospedale che si occupava di cure psichiatriche. Lì ho imparato tantissimo, soprattutto cosa mi piaceva e cosa non mi piaceva fare. Quello che facevo lì era appagante, lavorare in quel contesto completamente diverso da quello italiano mi ha permesso di capire dove andarmi ad orientare ed ho iniziato ad interessarmi sempre di più alla terapia sistemico relazionale.
La terapia sistemico relazionale è quella corrente della psicoterapia che prevede che il sintomo non sia esclusivamente concentrato nell’aspetto intrapsichico dell’individuo, cioè non è da ricercarsi solo all’interno della mente della persona, ma è da cercarsi anche in funzione delle relazioni significative ed importanti che questa vive. Quindi è come se partisse dalla teoria che il sintomo è sviluppato dalla persona, ma in risposta al contesto che questa persona vive. Quindi parte da quella idea, a mio avviso geniale, per cui il sintomo è prima di tutto un tentativo di risposta funzionale ad un sistema percepito come disfunzionale, che poi porta la persona a vivere il malessere, e successivamente a chiedere aiuto per cercare di pareggiare i due diversi livelli. Quello macro che viene risolto o si tenta di risolvere attraverso il sintomo, e quello micro dal punto di vista individuale.
Una volta che ho definito quale era il mio percorso di studi e ho definito cosa mi interessava fare, ho fatto delle ricerche e ho scoperto che a Milano esiste una corrente, il Milan Approach, presentata da diverse scuole di psicoterapia e mi sono sentito estremamente affine a quella proposta dalla dottoressa Valiera Ugazio che è stata il mio mentore per tutta la durata del periodo della scuola di psicoterapia. Mi sono iscritto alla sua scuola, la EIST – European Institute of Systemic-relational Therapies e penso che sia stata una delle scelte più importanti e più azzeccate della mia vita. Dopo la specializzazione, la tesi e il tirocinio sono finalmente arrivato a svolgere la mia pratica clinica.