La gabbia del farmaco: quando il farmaco ostacola il benessere Home > Psicoterapia come funziona > La gabbia del farmaco quando il farmaco ostacola il benessere L’uso degli psicofarmaci e il loro ruolo nella psicoterapia Ho già realizzato diversi video in cui ho parlato dell’utilità degli psicofarmaci, specialmente quando vengono affiancati alla psicoterapia. Ho descritto, a grandi linee, le tipologie più comuni di psicofarmaci utilizzati nei percorsi terapeutici e il ruolo che possono avere nel favorire il benessere della persona. Non sono né a favore né contrario ai farmaci. Ritengo che sia fondamentale valutare caso per caso, senza adottare una posizione rigidamente positiva o negativa. In alcuni contesti, i farmaci possono essere superflui; in altri, invece, risultano assolutamente necessari. In questo video voglio approfondire uno degli aspetti meno considerati dell’uso degli psicofarmaci: il rischio che possano diventare una sorta di “gabbia” per chi li assume. Da un lato, questi farmaci possono migliorare la qualità della vita e supportare un percorso psicoterapeutico. Dall’altro, possono portare la persona a una forma di dipendenza psicologica, ostacolando il recupero della piena autonomia emotiva. Quando il farmaco diventa una prigione Questo fenomeno si manifesta soprattutto in chi assume psicofarmaci prescritti dal medico di base o, più frequentemente, dallo psichiatra. Spesso si inizia una terapia farmacologica in seguito a un periodo particolarmente difficile e, nel tempo, si nota un miglioramento. Molti pazienti, dopo anni di assunzione del farmaco, arrivano alla convinzione di stare meglio e pensano di poter interrompere la terapia. Magari consultano lo psichiatra e provano a ridurre il farmaco, seguendo un piano di scalaggio. Ma, quando arriva il momento di interrompere definitivamente l’assunzione, si bloccano. Alcuni non si sentono sicuri e preferiscono rimandare, dicendosi: “Aspetto ancora un po’, vediamo come va.” Altri si accorgono di prendere il farmaco automaticamente ogni mattina, non perché ne abbiano un reale bisogno fisico (questo dipende dal tipo di farmaco), ma perché sono convinti che, senza di esso, staranno male. La dipendenza psicologica dal farmaco In questi casi, più che una dipendenza fisica, si sviluppa una dipendenza psicologica. La persona è convinta che interrompere il farmaco significhi ricadere immediatamente nel malessere. Alcuni pazienti raccontano: “Mi sento un drogato, non riesco a stare bene senza la pastiglia.” “Se non prendo il farmaco al mattino, non mi sento a posto.” “Ho paura di stare male.” A volte, provano effettivamente ansia quando saltano una dose, ma non riescono a distinguere se sia un effetto della sospensione del farmaco o il risultato della paura stessa di non averlo assunto. Si crea così un circolo vizioso: il farmaco viene percepito come necessario per stare bene, ma al tempo stesso la persona sente di non doverne più dipendere. Dalla farmacoterapia alla psicoterapia A questo punto, molte persone scelgono di intraprendere una psicoterapia. Alcuni non avevano mai preso in considerazione questa possibilità prima, affidandosi esclusivamente al farmaco. Mi capita spesso di incontrare pazienti che dicono: “Sto abbastanza bene, ma ho una paura terribile di sospendere il farmaco.” In questi casi, il lavoro terapeutico si concentra sul rafforzare la stabilità emotiva e la consapevolezza delle proprie risorse interiori, affinché il paziente possa ridurre gradualmente il farmaco con il supporto dello psichiatra. Il rischio di delegare il proprio benessere al farmaco Nel breve periodo, l’uso del farmaco può essere una scelta sensata per affrontare un momento di grande difficoltà. Tuttavia, quando diventa un’abitudine consolidata per anni, anche quando non è più strettamente necessario, si corre il rischio di non distinguere più il proprio benessere personale dall’effetto della molecola chimica. Il problema sorge quando una persona non sa più se il proprio equilibrio emotivo sia il risultato del lavoro su se stessa o un effetto del farmaco. Si chiede: “Sono io che sto meglio o è solo il farmaco che mi tiene in piedi?” “Ho sviluppato risorse personali o mi sto solo appoggiando alla chimica?” Questa confusione è molto comune tra chi decide di rivolgersi a uno psicologo per iniziare un percorso di indipendenza dal farmaco. Il lavoro congiunto tra psicologo e psichiatra Lo psicologo deve lavorare in coordinamento con lo psichiatra, preferibilmente con lo stesso specialista che ha prescritto il farmaco in origine. L’obiettivo è aiutare la persona a riscoprire e valorizzare le proprie risorse interiori, spesso offuscate dall’uso prolungato del farmaco. Se per un certo periodo il farmaco ha avuto un ruolo fondamentale, ora è il momento di riprendere in mano il proprio benessere. La chiave è smettere di delegarlo interamente a una pillola e iniziare a costruire un equilibrio più solido e autonomo. Risposte chiare in quattro incontri Per fissare un colloquio psicologico potete compilare il modulo sottostante, vi risponderemo al più presto. La tua richiesta non può essere inviata correttamente. La tua richiesta è stata inviata correttamente. Nome Cognome Email Telefono +39 IT Il campo SMS deve contenere tra i 6 e i 19 caratteri e includere il prefisso del paese senza usare +/0 (es. 39xxxxxxxxxx per l'Italia) ? 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