Spesso ci si chiede se la terapia di coppia debba essere considerata un’ultima spiaggia o, piuttosto, un punto di partenza. Iniziamo col dire che no, non deve mai essere l’ultima spiaggia ma certamente neanche la prima: quando una coppia inizia a vivere la relazione non deve rivolgersi ad un terapeuta ed è anche possibile che non debba farlo mai per tutta la durata della stessa. Ovviamente però il rischio di considerare la terapia di coppia come ultima spiaggia porta con sè un fallimento.

Cosa si può fare in terapia di coppia? Si possono migliorare moltissimi aspetti: la comunicazione, la sfera sessuale, i rapporti con le famiglie di origine, la qualità genitoriale nei confronti dei figli ma si possono anche ridurre la conflittualità e si può addirittura pianificare una separazione, senza che si verifichino i conflitti che solitamente si generano quando la coppia è lasciata in balia di se stessa ad affrontare uno scoglio così grande. Inoltre si possono superare momenti molto duri come lutti e tradimenti.

Posto questo, se la terapia di coppia viene utilizzata come ultima spiaggia si verificano due problemi: il primo è che i due partner hanno già tentato una serie di soluzioni e tendenzialmente queste hanno fallito e hanno, anzi, cronicizzato il problema su cui quindi la terapia non riesce ad agire in modo sufficientemente efficace; il secondo è che la coppia tende a delegare la propria felicità al terapeuta, mossa insensata. Infatti il grande lavoro è della coppia, non del terapeuta! Per suo tramite i due riscoprono strategie e risorse che in un primo momento li hanno uniti per poi scomparire.

La terapia deve essere iniziata quando la coppia, dopo aver provato alcune strategie, si rende conto di non farcela da sola. Se il problema viene cronicizzato allora la terapia potrebbe essere efficace ma la sua efficacia è già ridotta in partenza. E in questo caso chi ha fallito? La coppia o la terapia? Chiedere aiuto è una risorsa, farlo al momento giusto è fondamentale.

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