Tratta l’altro come vorresti essere trattato tu stesso”. Questo è un insegnamento, un monito, un consiglio che c’è stato inculcato sin da piccoli, dai genitori, dai preti, da qualsiasi tipo di educatore che, in un modo o nell’altro, ha cercato di spiegarci come stare al mondo e come funziona la vita.

Diciamo che in alcuni contesti questo è un atteggiamento particolarmente utile, pensiamo ad esempio ai cartelli che vengono lasciati nei bagni dei ristoranti e dei bar “lascia il bagno come vorresti trovarlo a tua volta”, benissimo, in questo caso, premesso che ci riteniamo delle persone di buon senso, è un buon consiglio.

Nel caso invece di una relazione di coppia questo è un consiglio assolutamente deleterio, poiché trattare l’altro come vorremmo essere trattati noi stessi diventa particolarmente rischioso perché: 

  1. le coppie si costruiscono sulla complementarità poiché si cerca nell’altro qualcosa che non si possiede, qualcosa che si pensa possa servire, ma che non si ha;
  2. Utilizzare questo tipo di atteggiamento ci pone di fronte a dei grandissimi rischi, come ad esempio generare progressivamente delle barriere nella comunicazione, che impediscono l’aiuto reciproco. 

Faccio un esempio: una persona, uno dei due partner, ha avuto una giornata particolarmente difficile a lavoro, tosta, di quelle con mille problemi da risolvere. Arriva a casa e il suo modo di rilassarsi, di purificarsi, di rigenerarsi a fronte della giornata vissuta é buttarsi sul divano, non parlare dell’argomento e guardare la tv con un elettroencefalogramma piatto. L’altro partner che invece è preoccupato vuole capire, vuole comprendere, vuole essere d’aiuto e dato che lui stesso trova solitamente l’aiuto nel dialogo inizia ad incalzare con domande, chiarimenti, curiosità, opinioni e questo non fa altro che ottenere l’effetto opposto, allontanando progressivamente i due partner. 

Il primo si sentirà defraudato del suo diritto e del suo bisogno di poter stare per i fatti suoi, mentre l’altro, si sentirà respinto, rifiutato, nella sua proposta di aiuto e quindi non faranno altro che distanziarsi sempre di più.

Questo è solo un esempio della quotidianità, pensiamo a come potrebbe degenerare la situazione nel momento in cui non è solamente la giornata di uno dei due partner ad essere compromessa, ma si hanno dei problemi più seri, ad esempio con la famiglia di origine o con uno dei figli. 

Quando ci si trova di fronte ad un problema c’è chi magari ha bisogno di chiudersi poter far decantare le idee e le opinioni, in modo da poterle affrontare e discutere; c’è chi invece ha bisogno di analizzare sin da subito l’accaduto, così da capire come muoversi.

Faccio un altro esempio, cambiando l’ordine degli addendi, ovvero chi si trova da affrontare il problema è colui che ha bisogno di parlarne. Tornando a casa probabilmente si aspetta delle domande dal partner, che invece, per rispetto e non per disinteresse, non chiede niente. Si rende conto del carico emotivo che il partner sta vivendo e quindi aspetta, fa decantare le sue idee. Questo però non fa altro che aumentare progressivamente la tensione poiché chi (in questo caso) ha vissuto il problema desidera parlarne e non sentendosi domandare, chiedere, non percependo quindi curiosità da parte dell’altro si risente, si chiude, dice “caspita non mi ascolti, non mi aiuti, non ti interessa di me!” e l’altro, trovandosi spiazzato risponde “ma come? Io l’ho fatto nel tentativo di starti vicino, perché questa è una cosa che a me servirebbe. A me servirebbe che tu facessi così, che mi lasciassi spazio”.

Questo atteggiamento, come abbiamo dimostrato, è deleterio, poiché non dobbiamo MAI trattare l’altro come vorremmo essere trattati noi stessi, ma dobbiamo trattare l’altro come l’altro ha bisogno di essere trattato, perché solo così potremo rendere felice lui/lei ed al tempo stesso esserlo anche noi.

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