Oggi voglio raccontarvi un piccolo esempio capitato giusto qualche giorno fa secondo me molto rappresentativo di come il conflitto tra genitori vada ad incidere negativamente sulla qualità di vita dei figli. Diciamo che è un esempio semplice, che ha il suo perché.
Ero in un agriturismo con mia moglie, mia figlia e dei nostri amici. Anche loro avevano le rispettive famiglie e figli al seguito. Era un agriturismo molto bello, in cui c’era anche la possibilità, oltre che di mangiare, di visitare, di toccare e di giocare con gli animali. Era presente anche uno spazio gioco al coperto, in modo tale che tra una portata e l’altra i genitori potessero anche intrattenere i figli. Mi dirigo in questo spazio con un amico ed i rispettivi figli ed iniziamo a giocare. È la classica situazione caotica, di delirio, in cui ci sono bambini che saltano, corrono dappertutto. I genitori, insomma, cercano di starvi dietro.
Ad un certo punto noto questa coppia, con questa bimba, che stanno giocando sullo scivolo. Dopo una serie di discese, la bambina si stufa e dice basta. A quel punto, il padre, riponendo lo scivolo (uno di quelli giocattolo, smontabile), inavvertitamente, chiude dentro la testa della bambina, che non si è fatta male, però, spaventata, ha iniziato a piangere. La madre inizia allora ad insultare il padre, dicendogli che è un “cretino”, che deve fare attenzione, che quasi rischia di uccidere la figlia, ed il padre si giustifica nervosamente incolpando la madre, sostenendo che alla figlia doveva stare attenta lei, che aveva visto che stava smontando lo scivolo. I due iniziano a battibeccare in modo abbastanza acceso, finché non si mandano reciprocamente a quel paese. Il padre si allontana: la bambina ha capito che non si era fatta nulla ed è andata a recuperarlo, prendendolo per mano, per farlo tornare a giocare insieme alla madre nello spazio gioco.
Perché vi ho raccontato questa storia?
Secondo me è assolutamente interessante che nessuno dei due genitori si sia curato di come stesse la bambina prima che urlasse, inveisse contro l’altro. Hanno iniziato a litigare furiosamente tra di loro, ma a nessuno dei due è venuto in mente di vedere prima di tutto se la bambina stesse bene. La piccola è rimasta lì, spettatrice, finché, ad un certo punto, non si è sentita in necessità di risolvere la situazione, andando a ripescare il padre, riportandolo a giocare nello spazio gioco.
Nel momento in cui il conflitto all’interno della coppia genitoriale è così acceso, i bambini, inevitabilmente, sono portati ad assumere un ruolo, e questo avviene principalmente in due momenti. La prima situazione in cui questo ruolo lo devono inevitabilmente assumere è quando i genitori dicono di stare insieme per loro, sono consapevoli che la coppia è finita, ma non glielo dicono. Tuttavia, i figli questo lo sentono, lo percepiscono, e sono portati ad assumere una responsabilità nel funzionamento della coppia. La seconda situazione è quando i genitori invece sono separati, ma continuano a scontrarsi, triangolando i figli. Non hanno lasciato andare la parte disfunzionale della coppia a favore del mantenimento della coppia genitoriale, bensì continuano a discutere, e quindi, inevitabilmente, i figli sono obbligati a loro volta ad assumere un ruolo di responsabilità.
Dal mio punto di vista, la cosa più importante non è tanto rimanere insieme o separarsi, non sono affatto un promotore dei matrimoni infelici a favore dei figli. È importante però essere chiari: ossia, se si sta insieme, si sta insieme perché lo si vuole, perché è una coppia che funziona. Se invece questa cosa non dovesse succedere, occorre essere chiari. Se invece si è scelto di separarsi, al tempo stesso è fondamentale riuscire a dividere i due piani, il piano genitoriale ed il piano di coppia. Altrimenti, i figli sono costretti, come nel caso appena citato, ad assumersi un ruolo di responsabilità nel funzionamento della coppia che non è assolutamente il loro.
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Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo ad orientamento sistemico relazionale, ho conseguito la Laurea in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, con successiva specializzazione in psicoterapia presso lo European Institute of Systemic-relational Therapies (E.I.S.T.). Svolgo la mia attività come professionista dal 2011 e mi occupo di percorsi di psicoterapia individuale, psicoterapia di coppia e familiare.
Dirigo e coordino 7 studi di psicologia a Como e in provincia di Lecco e di Monza Brianza