L’insonnia è uno dei disturbi del sonno più frequenti e anche uno dei più invalidanti. Ci sono diverse tipologie di insonnia, se dovessimo semplificare individueremmo due macro categorie: la difficoltà nell’addormentamento e i frequenti risvegli notturni (che poi possono essere declinate ovviamente in altre sotto-categorie). A queste si aggiungono l’insonnia legata ai risvegli anticipati, per cui ci si addormenta con una certa facilità e poi verso le 3, le 4 del mattino ci si sveglia e non si riesce più a chiudere occhio e un quarto fattore, una quarta categoria che è legata ad una commistione tra le tre precedenti.
Per diagnosticare l’insonnia ci sono dei criteri diagnostici. Una compromissione tra le 3 e le 4 notti a settimana, una durata del disturbo di almeno 6 mesi e un lungo tempo di latenza necessario per riuscire ad addormentarsi (che supera i 30/45 minuti) sono tutti campanelli d’allarme. L’incidenza dell’insonnia sulla popolazione è abbastanza alta, poichè si stima che nel corso della vita circa il 30/50% delle persone sviluppa dei problemi legati al sonno e di insonnia, appunto, anche se non significa che poi questi durino per tutta la vita.
Le cause possono essere molto diverse: ci sono cause di tipo medico, ci sono cause di tipo comportamentale e ci sono cause di tipo psicologico. Le cause comportamentali hanno a che fare con condotte potenzialmente a rischio o che alterano l’igiene del sonno, ad esempio si può parlare di attività fisica intensa prima di andare a coricarsi o comunque nelle 3/4 ore precedenti che altera sicuramente la qualità del sonno, l’utilizzo di sostanze, alcol, caffeina, tabacco sono sicuramente tra i principali artefici nell’alterazione del sonno. Non è altresì insolito che si sviluppi insonnia nel momento in cui si soffre di ansia, si soffre di depressione, si soffre di disturbo post-traumatico da stress, ed ecco le cause di tipo psicologico. Nel momento in cui ci si rende conto che la causa è di tipo comportamentale o di tipo psicologico molto spesso l’insonnia viene sviluppata in comorbidità. Cosa significa? Che non è un disturbo primario, cioè non è l’unico disturbo di cui la persona soffre, ma è uno dei sintomi, uno dei problemi che fanno parte di un quadro clinico e/o psicopatologico più ampio. In quel caso è quindi necessario riuscire ad intervenire attraverso una psicoterapia per andare ad eliminare le cause che stanno a monte del disagio della persona. È quindi necessario riuscire prima a comprendere le cause e poi rivolgersi allo specialista più corretto per poter affrontare questo tipo di disturbo che impatta in maniera ampia sulla vita della persona.
Le conseguenze sulla qualità della vita sono numerose e consistono in sonnolenza diurna, alterazione della concentrazione, irritabilità, confusione: questi sono tutti fattori che sostanzialmente indicano un’alterazione nella qualità e nell’igiene del sonno.