Abbiamo recentemente raccontato la storia di Alice, la sua esperienza con gli attacchi di panico, i sintomi e le paure connesse; vediamo quindi più nel dettaglio cos’è un attacco di panico e quali sono i sintomi con cui si palesa.

Il Disturbo Da Attacchi di Panico (DAP) è una patologia che, generalmente, si presenta durante la giovinezza e la prima fase dell’età adulta. Questa condizione, prima trattata con un approccio psichiatrico, venne poi introdotta come patologia nel DSM, Manuale diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. I principali disturbi d’ansia caratteristici di questa categoria sono: Disturbo d’ansia generalizzata, Fobia specifica, Disturbo d’ansia sociale, Agorafobia, Disturbo di Panico.

Coloro che soffrono del disturbo di panico hanno in media venticinque anni e l’incidenza è maggiore negli individui di sesso femminile; purtroppo circa 10 milioni di italiani ne hanno sperimentato, almeno una volta nella vita, i sintomi. Per alcuni di loro si è trattato di un singolo episodio, mentre altri hanno sviluppato un vero e proprio disturbo caratterizzato da attacchi ripetuti nel tempo.  

Un attacco di panico consiste nella comparsa improvvisa di paura o disagio intensi che raggiunge un picco in pochi minuti. L’esordio, come raccontano molte testimonianze, è stato un fulmine a ciel sereno, alcuni hanno avvertito il primo attacco quando si trovavano comodamente seduti a casa propria, altri erano in galleria, in ascensore, al supermercato, in un parcheggio e nelle più disparate situazioni. In quei precisi momenti, ed in modo del tutto inaspettato, si sono presentati: formicolio agli arti, difficoltà respiratoria e battito cardiaco accelerato ed altri sintomi caratterizzanti. Tendenzialmente il primo episodio rimane impresso nella mente della persona che lo ha vissuto, innescando la paura che esso possa ripresentarsi in qualsiasi momento futuro.

Fondamentale la distinzione tra panico, ansia generalizzata e fobia. Il panico è infatti un periodo specifico durante il quale il soggetto vive paura, terrore, spesso associati alla sensazione di un’imminente catastrofe o di morte, il soggetto spesso racconta di aver avuto paura di “impazzire”. Durante l’attacco si evidenzia ipersensibilità agli stimoli visivi e uditivi, ci si sente svenire, le sensazioni avvertite colgono di sorpresa il malcapitato che avverte l’impellente desiderio di fuggire per rifugiarsi in un luogo protetto. Entro 10 minuti l’attacco raggiunge il picco massimo lasciando quindi il soggetto in una fase “Post-critica” che può durare anche ore caratterizzata da malessere, disagio, spossatezza, debolezza muscolare. La sintomatologia è simile a quella di un infarto, disagio per cui spesso l’attacco di panico viene confuso.

Un disturbo di questo tipo non è pericoloso in quanto tale, ciò che preoccupa sono le sue conseguenze. Il soggetto che lo sperimenta avverte infatti la paura che quelle brutte sensazioni possano tornare da un momento all’altro e ciò comporta un’influenza negativa nella vita di tutti i giorni. I rapporti interpersonali si deteriorano a causa del crescente evitamento di situazioni che ricordano al soggetto l’evento negativo sperimentato. L’evitamento è un comportamento adattivo nella misura in cui permette di allontanarsi da una situazione pericolosa, perde tale valore quando si trasforma in una soluzione coercitiva (Sassaroli et al., 2006). Con l’evitamento, l’ansioso conferma a se stesso di non poter fare a meno di evitare, ciò da luogo ad un circolo vizioso che renderà impossibili al soggetto, in futuro, situazioni simili a quelle in cui i primi sintomi sono comparsi.

I sintomi caratteristici sono di tipo cognitivo e somatico e sono riportati nel Manuale Diagnostico Statistico delle Malattie Mentali.  La sintomatologia riconducibile ad un infarto comprende: dolorabilità al torace, fitte al cuore ed aumento della frequenza cardiaca (tachicardia). A livello respiratorio si rilevano: difficoltà respiratoria, asma e sensazione di soffocamento. Sul piano gastrointestinale possono presentarsi: nausea, dissenteria, gastrite e bruciori di stomaco. Dal punto di vista neurologico si palesano: cefalea, confusione e tremore agli arti superiori ed inferiori.

Quest’ultimo sintomo molto spesso non è rilevabile dall’esterno, ma la persona asserisce di avvertire dentro di sé una specie di frullo di ali (Rovetto,2003). In altri casi, invece, gli spasmi sono così importanti da far pensare ad una crisi isterica. Si segnalano infine variazioni pressorie (ipotensione ed ipertensione) ed intensa sudorazione che caratterizzano l’apparato cardiovascolare.

I sintomi psichici comprendono: ansia, paura di morire ed impazzire, perdita di contatto con la realtà e con se stessi (derealizzazione e depersonalizzazione), difficoltà a concentrarsi, confusione mentale ed irrequietezza.

È bene sottolineare che non sono, però, necessari tutti questi elementi perché è si possa parlare di attacco di panico.

La tachicardia è uno dei sintomi somatici più ricorrenti durante un attacco di panico. La frequenza cardiaca viene definita come il numero di battiti cardiaci al minuto (bpm o battiti per minuto) e varia in funzione dell’età del soggetto, dell’attività che si sta compiendo, del momento della giornata e dello stress.

La bradicardia è invece una condizione che si verifica quando la frequenza cardiaca è inferiore ai valori minimi ritenuti normali: un soggetto adulto è bradicardico quando si rilevano, a riposo, meno di sessanta battiti al minuto.

La tachicardia è invece contraddistinta da un aumento della frequenza cardiaca: una persona adulta è tachicardica quando si registrano più di cento battiti al minuto. Una frequenza cardiaca alta può essere riconducibile ad attacchi di panico e condizioni patologiche; le tachicardie di natura ansiosa sono caratterizzate da un massimo di centotrenta battiti al minuto, si sviluppano e regrediscono in modo graduale e raggiungono il picco massimo nell’arco di dieci minuti.  L’aumento del battito cardiaco nei DAP (Disturbo Da Attacchi di Panico) è, infine, accompagnato da un ritmo che si mantiene regolare. Gli attacchi di panico, come accennato, sono accompagnati da una sintomatologia che difficilmente si presenta in caso di disturbi cardiaci. Molte persone quando sono colpite dal primo DAP si spaventano, temono di essere vittime di un attacco cardiaco e per questo motivo si rivolgono al pronto soccorso più vicino dove gli esami a cui vengono sottoposte danno, però, esito negativo. La tachicardia da loro avvertita non compromette il muscolo cardiaco, mentre l’infarto è identificabile dalla dolorabilità costante al petto e dalla sensazione di trovarsi all’interno di una morsa.

Le emozioni, qualsiasi sia la loro natura, si ripercuotono anche sulle funzionalità intestinali. Il sistema nervoso (centrale e periferico) è caratterizzato anche dal “sistema simpatico” che si attiva nel corso di un attacco di panico e fa scattare il noto meccanismo ‘fight or flight’ (‘combatti o scappa’). Lo stress provato durante un DAP determina una scarica di adrenalina che ridistribuisce il flusso di acqua e sangue: l’apparato gastrointestinale non filtra l’acqua in modo corretto e di conseguenza si manifestano episodi di dissenteria.

L’iperventilazione è un’ulteriore tipica condizione che si verifica nel corso degli attacchi di panico e quando si provano forti emozioni; il suo effetto è deleterio e la sintomatologia avvertita dal soggetto tende ad acuirsi. Ossigeno ed anidride carbonica infatti devono sempre essere in equilibrio affinché il corpo umano funzioni al meglio. L’ossigeno, grazie all’anidride carbonica, si separa dall’emoglobina, arriva alle cellule ed innesca il processo di produzione di energia. L’iperventilazione altera quindi l’equilibrio tra i due elementi ed aumenta l’apporto di ossigeno a scapito dell’anidride carbonica. Il soggetto, in questo frangente, avverte la cosiddetta fame d’aria: gli sembra, infatti, di non averne abbastanza e gli atti respiratori diventano più veloci, affannosi e superficiali. La conseguenza tipica dell’iperventilazione è la vasocostrizione di alcuni vasi sanguigni, in particolare quelli che portano il sangue in determinate aree del cervello. Si sviluppa quindi una sorta di paradosso: viene introdotto più ossigeno nel corpo, ma ne arriva meno al cervello; l’individuo percepisce perciò una sorta di stordimento, un formicolio generalizzato in più parti del corpo, la testa diventa leggera e regna una grande confusione.

La sudorazione, meccanismo estremamente importante per il benessere dell’organismo, è finalizzata alla regolazione della temperatura corporea che deve mantenersi costante a 36ºC. Il corpo, quando si suda, smaltisce il calore accumulato e ripristina la condizione ottimale. I meccanismi della sudorazione e della regolazione termica spettano al sistema nervoso autonomo ed in modo particolare al sistema nervoso simpatico. Se il sistema non lavora correttamente si parla di iperidrosi, ossia eccessiva sudorazione. Le ghiandole adibite ad essa sono distribuite nelle mani e per questo motivo si parla di iperidrosi palmare, spesso evidente in soggetti ansiosi.

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