In questo periodo dell’anno si sentono spesso delle musiche tipiche, caratteristiche del Natale. Vi siete mai chiesti che ruolo ha la musica sulla mente?
Tutti, appassionati o meno, conosciamo il potere della musica. La buona musica può trasformare la sensazione di un momento, può fornire conforto, rilassamento, sensazioni forti e molto altro ancora. Gli effetti della musica si spingono anche molto oltre: possono essere utilizzati nella musicoterapia, hanno effetti sullo sviluppo del quoziente intellettivo, sulle emozioni forti ed anche sulla condivisione.
Cosa dice la Neuropsicologia?
Uno studio del 2015 (Kanduri et al., 2015) ha indagato come l’ascolto della musica aumenti l’attività dei geni che sono coinvolti nella memoria e nell’apprendimento e di contro influenza i geni coinvolti nella neurodegenerazione.
La musica è in grado di darci piacere. Al pari di cibo, sesso e droghe, rilascia dopamina nel cervello. Gli stimoli dovuti a questi quattro elementi dipendono da un circuito cerebrale sottocorticale nel sistema limbico, formato da strutture cerebrali che gestiscono le risposte fisiologiche agli stimoli emotivi. L’aspetto curioso è che da studi scientifici pare che gli stimoli emotivi legati a musica, cibo, sesso e droghe attivino tutti un sistema in comune.
Robert Zatorre, uno dei fondatori del laboratorio canadese di ricerca Brain, Music and Sound, ha studiato i meccanismi neuronali di percezione musicale. Dal momento della loro percezione da parte dell’udito, i suoni vengono trasmessi al tronco cerebrale prima e alla corteccia uditiva primaria poi; gli impulsi viaggiano quindi in reti cerebrali importanti per la percezione della musica e per immagazzinare quella già ascoltata. La risposta cerebrale ai suoni è infatti condizionata dai suoi uditi in passato, in quanto nel cervello sono contenuti i dati relativi a tutte le melodie.
Ma in concreto, che effetti ha la musica?
Un campo di particolare interesse è quello della musica nella sanità, dove la si utilizza per migliorare, mantenere o recuperare le funzioni cognitive, emozionali e sociali e per fare rallentare la progressione di determinate malattie. La musicoterapia si rivela particolarmente utile nel caso di pazienti affetti da disturbi motori o da demenza e di bambini con capacità speciali: dal momento che attiva quasi tutte le regioni del cervello, la musica serve soprattutto per recuperare attività linguistiche e motrici. Quando si fa o si ascolta musica si mettono in azione regioni del cervello coinvolte nelle emozioni, nella conoscenza e nel movimento. La musicoterapia favorisce la neuro-plasticità, compensando così i deficit delle regioni cerebrali danneggiate. In generale, induce stati d’animo positivi e aumenta l’eccitazione, tutte cose che possono condurre il paziente alla riabilitazione.
Uno studio condotto su campione di bambini tra gli 8 e gli 11 anni ha mostrato che chi aveva frequentato corsi di musica aveva sviluppato anche un Quoziente d’Intelligenza (QI) verbale e abilità visive superiori rispetto a chi non aveva una formazione musicale (Forgeard et al., 2008). Questo potrebbe dimostrare che i vantaggi di imparare a suonare uno strumento non si limitano all’ambito musicale ma si estendono alle aree della cognizione e della percezione visiva.
Inoltre uno studio del 2013 si contraddice una vecchia concezione secondo cui sforzarsi attivamente di essere felici sarebbe inefficace. Nella ricerca di Ferguson e Sheldon, i partecipanti che ascoltavano una composizione classica allegra di Aaron Copland sforzandosi attivamente nell’ascolto della musica sentivano il loro umore migliorare a differenza di coloro che la ascoltavano passivamente. Ciò suggerisce che impegnarsi attivamente nell’ascolto della musica può aiutare nell’amplificare le emozioni provate.
Dal momento che la musica è spesso un’attività sociale questa può aiutare le persone ad avvicinarsi e condividere. Uno studio condotto su un campione di quasi mille studenti finlandesi ha rilevato che coloro che avevano partecipato a corsi di musica provavano una maggiore soddisfazione nei confronti della scuola e in quasi tutte le aree scolastiche, anche quelle che non erano strettamente legate alla musica (Eerola & Eerola, 2013).
Il ricercatore dello studio commentando i risultati aggiunge:” le persone trovano molto gratificante sincronizzarsi tra loro” ciò infatti aumenta il senso di appartenenza al gruppo e può anche rendere le persone più vicine le une alle altre”.