“Sa dottore, tante volte preferirei avere un problema fisico, una patologia, piuttosto che l’ansia o la depressione”
Questa è una frase che talvolta mi sento dire dalle persone al momento in cui affrontano un lavoro terapeutico. È estremamente comprensibile perché lo dicano, tendenzialmente sono scoraggiate, si trovano in difficoltà e non riescono bene a capire in che direzione devono muoversi per affrontare il loro problema. Magari ci hanno provato più volte in autonomia, con l’aiuto degli amici e in estrema ratio scelgono di rivolgersi ad un terapeuta. Ciò che secondo me sottende davvero questa frase è proprio l’ignoto, la paura che l’ignoto e l’incomprensibile suscita in noi e in queste persone che si trovano a vivere un disagio psicologico.
Le sofferenze psicologiche spesso sono avvolte e contrassegnate dall’ignoto tant’è che una persona arriva a dire “preferirei avere un problema fisico” poiché quest’ultimo è “lì davanti” è visibile attraverso evidenze scientifiche, ha un nome e delle terapie che risultano essere strutturare. Non che questo non sia vero per la malattia mentale, tuttavia per questa i confini risultano essere più diffusi e indefiniti, quindi c’è un certo grado di comprensibilità che viene meno al paziente.
Il paziente fatica a capire i confini del suo disturbo, non comprende qual è il mostro e non ha un’idea chiara di esso, delle cause e delle conseguenze quindi di cosa fare per sconfiggerlo. Questo getta il soggetto nello sconforto, nell’insicurezza, nell’ansia e nel panico.