Il primo amore non si scorda mai

“Il primo amore non si scorda mai.” Questa frase l’hai sentita. Magari te la ripeti anche in testa. Magari è vero. Anzi, sicuramente è così, ma per i motivi sbagliati. Nel senso che il cinema, la storia, la letteratura, i racconti, i romanzi ci hanno sempre detto che il primo amore non si scorda mai perché va ricordato in un qualche modo romanticamente: perché è stata la prima volta che ci siamo aperti all’altro, perché sono state le prime esperienze in assoluto, perché è il primo, e volenti o nolenti di prime occasioni, di prime impressioni, di primi amori ce n’è sempre e solo uno.

Il vero motivo per cui non dimentichiamo il primo amore

Il motivo però per cui il primo amore non si dimentica, che sia stato positivo o negativo – o magari un po’ l’uno e un po’ l’altro – è perché durante il primo amore viviamo di fatto un momento di svolta. Per la prima volta sperimentiamo ciò che ci eravamo solo prefigurati nella testa. Per la prima volta nella vita e nella nostra storia viviamo in prima persona, da attori protagonisti, qualcosa che abbiamo sempre subito o vissuto in modo più passivo. Iniziamo a sperimentare le nostre capacità relazionali, la nostra idea di relazione, la nostra idea di affetto, la nostra capacità di amare, la nostra capacità di mostrarci, la nostra capacità di far star bene l’altro, la nostra capacità di ascoltare, di fidarci, la nostra capacità di costruire qualcosa con l’altro.

Prima del primo amore: un’esperienza passiva

Prima del primo amore, tutto questo era vissuto passivamente. Tutti noi siamo stati figli di qualcuno e tutti noi abbiamo avuto qualcuno – che fossero i genitori, i nonni o un fratello maggiore – che ha provato a prendersi cura di noi. E noi abbiamo vissuto, perché è giusto così, in maniera passiva la proposta emotiva, affettiva e relazionale che queste persone, coloro che si prendevano cura di noi, ci hanno fatto. Non avevamo termini di paragone.

Anzi, in realtà il primo termine di paragone lo abbiamo con il primo amore: il paragone tra ciò che pensiamo possa essere una relazione e ciò che la relazione poi effettivamente è. Cresciamo, ci sviluppiamo, formiamo le nostre idee di relazione, sentimento, amore e via discorrendo all’interno di un contesto che ci fa una proposta – il contesto in cui cresciamo ci fa una proposta – e noi, in maniera critica, perché siamo prima bambini e poi adolescenti, la accettiamo o la mettiamo in discussione. Durante l’adolescenza magari iniziamo a opporci, cerchiamo di capire i confini, cerchiamo di capire cosa può essere cambiato e cosa no.

Il momento della svolta: il primo amore

Ma tiriamo fuori i macro-sistemi, le macro-idee, gli aspetti di funzionamento dell’universo in cui siamo inseriti. Quando ci troviamo a vivere il primo amore, li sperimentiamo, li tocchiamo con mano. Non siamo più fruitori di un’offerta relazionale che qualcuno ci fa, ma siamo i protagonisti. Da un lato prendiamo, dall’altro dobbiamo dare. Ci sperimentiamo, ci mettiamo in discussione.

Il primo amore come termine di paragone

Il primo amore diventa il termine di paragone per tutto il resto. Nel senso che è sostanzialmente un termine di paragone per tutte le relazioni future. Noi arriviamo con un nostro background, con una nostra storia, ci mettiamo alla prova, ci sperimentiamo. Quel punto lì, quel momento lì, il primo amore diventa poi anche il termine di paragone con il secondo, il terzo, il quarto o il quinto amore. Finché non troviamo la quadra, finché non troviamo esattamente qual è la nostra dimensione, il nostro punto di partenza, la nostra prima offerta alla vita, rimaniamo lì. E da lì poi ci confrontiamo.

Conclusione: Perché non lo si dimentica mai

Queste sono le due ragioni per cui non si dimentica mai. Poi, certo, può essere romantico, può essere bellissimo. Lo si può vivere con affetto, lo si porta magari nel cuore perché è stata una bella relazione (mi auguro che sia così), ma non sono questi i motivi per cui non lo si dimentica. Non lo si dimentica perché rappresenta la nostra esperienza di messa alla prova di una teoria. È una messa alla prova pratica di una teoria che abbiamo ascoltato per anni. E, dall’altro lato, diventa il punto di riferimento rispetto al quale paragonare tutto il resto delle relazioni che avremo nel corso della vita.

Fammi sapere cosa ne pensi, se ti trovi, se avevi mai pensato al primo amore da questo punto di vista e, ovviamente, tingiti dei ricordi che questo romanticamente suscita. A presto!

Dr. Matteo Radavelli: Ciao, sono il Dr. Matteo Radavelli, Psicologo e Psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale. Mi sono laureato in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l'Università degli studi di Milano Bicocca e specializzato in psicoterapia allo European Institute of Systemic-relational Therapies (E.I.S.T.). Ho lavorato per il Cassel Hospital di Richmond (Londra) e per l'Ospedale Maggiore Sant'Anna di Como come consulente psicologo, per il quale ho gestito il servizio "Stai Bene col Tuo Lavoro", rivolto ad imprenditori e dipendenti che hanno sviluppato una difficoltà psicologica connessa a problemi lavorativi ed economici. Attualmente dirigo e supervisiono 6 centri di psicologia e psicoterapia: Arcore, Monza, Seregno e Agrate Brianza (provincia di Monza e Brianza), Como e Merate (provincia di Lecco). Nel mio lavoro mi rivolgo ad individui, coppie e famiglie che attraversano un momento di difficoltà, partendo dal presupposto che il disagio non va considerato come esclusivamente interno all'individuo, ma come parte del sistema di relazioni in cui vive. Questa modalità consente di evidenziare i vincoli che mantengono la difficoltà e favorisce la loro rinegoziazione e superamento. Il metodo da me utilizzato è particolarmente utile in situazioni di ansia, problemi relazionali e problemi sessuali. Insieme dedicheremo i primissimi incontri ad approfondire il problema, costruendo la strada verso il cambiamento desiderato.
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