Coronavirus e quarantena: come sono cambiati i sintomi psicologici

Oggi propongo una breve riflessione sull’impatto che il coronavirus e la quarantena hanno avuto sul disagio psicologico. Non mi riferisco a tutte quelle situazioni che potrebbero essere generate come conseguenza da coronavirus e quarantena ma a tutte le situazioni di disagio psicologico pregresse, preesistenti, precedenti alla pandemia.

Per affrontare questo discorso a mio avviso ci sono due fattori da considerare. Innanzitutto la risonanza diretta che la pandemia e la quarantena hanno avuto sulla sintomatologia quindi i sintomi pregressi alla pandemia. È importante approfondire se la condizione attuale dei sintomi, magari peggiorati, abbia una connessione diretta con la quarantena. Per esempio una persona soggetta a sintomi agorafobici quindi che ha paura ad allontanarsi da casa, ha paura degli spazi aperti, vede ridursi i sintomi come conseguenza dell’essere costretti a stare in casa. Di contro invece una persona soggetta a sintomi claustrofobici, ovvero desiderosa di libertà e spazi aperti, potrebbe aver notato un peggioramento degli stessi. Come emerso dagli esempi la situazione vissuta può aver fatto da cassa di risonanza, da eco, alla patologia con l’aggravarsi dei sintomi.

Il secondo fattore che deve essere considerato è inerente alla condizione di stallo in cui la pandemia e la quarantena ci hanno posto. Questo stallo ha inevitabilmente un effetto sul disagio psicologico, aumentandolo o riducendolo tuttavia con degli effetti diversi. La risonanza spesso non è direttamente e immediatamente visibile, per esempio nel momento in cui una persona vive una sintomatologia depressiva, ci possono essere stati degli effetti peggiorativi legati alla situazioni vissuta come il cambio di abitudini oppure alla solitudine. Spesso quindi sono state vissute situazioni che hanno incrementato il sintomo i cui effetti tuttavia non sono direttamente visibili.

L’obiettivo di oggi non è creare sterili generalizzazioni ma gettare lo sguardo sul fatto che sarebbe sbagliato illudersi ingenuamente che a seguito della quarantena non ci sia la necessità di lavorare su se stessi. Illudendosi si correrebbe il grossissimo rischio di sottovalutare l’effetto della pandemia quindi vivere la fase 2 come “se fosse tutto passato” peggiorando notevolmente le conseguenze di ciò che abbiamo vissuto.

 

Dr. Matteo Radavelli: Ciao, sono il Dr. Matteo Radavelli, Psicologo e Psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale. Mi sono laureato in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l'Università degli studi di Milano Bicocca e specializzato in psicoterapia allo European Institute of Systemic-relational Therapies (E.I.S.T.). Ho lavorato per il Cassel Hospital di Richmond (Londra) e per l'Ospedale Maggiore Sant'Anna di Como come consulente psicologo, per il quale ho gestito il servizio "Stai Bene col Tuo Lavoro", rivolto ad imprenditori e dipendenti che hanno sviluppato una difficoltà psicologica connessa a problemi lavorativi ed economici. Attualmente dirigo e supervisiono 6 centri di psicologia e psicoterapia: Arcore, Monza, Seregno e Agrate Brianza (provincia di Monza e Brianza), Como e Merate (provincia di Lecco). Nel mio lavoro mi rivolgo ad individui, coppie e famiglie che attraversano un momento di difficoltà, partendo dal presupposto che il disagio non va considerato come esclusivamente interno all'individuo, ma come parte del sistema di relazioni in cui vive. Questa modalità consente di evidenziare i vincoli che mantengono la difficoltà e favorisce la loro rinegoziazione e superamento. Il metodo da me utilizzato è particolarmente utile in situazioni di ansia, problemi relazionali e problemi sessuali. Insieme dedicheremo i primissimi incontri ad approfondire il problema, costruendo la strada verso il cambiamento desiderato.
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