Quali sono le difficoltà principali nello svolgere il lavoro dello psicoterapeuta?
Capita che alcuni pazienti incuriositi dalla professione e dalla disciplina facciano domande come: dottore come fa ad ascoltare i problemi delle persone tutto il giorno?
Queste sono tutte domande alle quali ogni persona che svolge appunto la professione di psicoterapeuta deve saper rispondere, soprattutto nei riguardi di sé stesso ma che secondo me non costituiscono le principali difficoltà nello svolgere questa pratica professionale.
A mio avviso infatti le due difficoltà principali sono: la solitudine e il mantenimento di standard qualitativi elevati. Questi due aspetti sono inevitabilmente interconnessi e hanno a che fare con la pratica privata.
Il rischio di solitudine è elevatissimo per coloro che lavorano in uno studio privato, nel proprio studio . Rischiano infatti di chiudersi riducendo le possibilità di interscambio quindi di condivisione con altri colleghi. Spesso il contatto e lo scambio di idee con dei colleghi o supervisori si riduce a qualche ora a settimana portando quindi il terapeuta a vivere una sensazione di solitudine. Questo, in alcuni casi, genera anche la tendenza ad arroccarsi nel proprio eremo cerebrale e diventare autoreferenziali non solo nei confronti del paziente ma anche nei confronti dei propri pensieri e quindi a cascata si incontra la seconda difficoltà.
Il secondo problema che spesso incontra uno psicoterapeuta è la difficoltà di mantenere degli standard qualitativi elevati poiché nel momento in cui psicoterapeuta si trova a svolgere il proprio lavoro nella solitudine del proprio studio il rischio è quello che si inneschi una specie di modalità di default per cui l’abitudine, la routine e le modalità replicate negli anni diventano più dei vincoli che delle risorse. Questo accade perché non si permette alla propria testa di continuare a viaggiare ed evolversi attraverso nuovi stimoli e riflessioni.
Personalmente, per risolvere questi due possibili problemi, mi sono circondato di un’equipe di 15 dottori con i quali condividiamo ogni colloquio. Nel mio centro infatti ogni dottore ha l’obbligo dell’intervisione ovvero di avere un altro dottore dell’equipe con il quale ogni colloquio viene rivisto. Questo permette di tenere sempre il cervello attivo e pronto a ricevere nuovi stimoli e non innescare quella sensazione di routine che inevitabilmente porta all’abbassamento degli standard qualitativi.