Avere rapporti con la famiglia del partner

 
“Dottore devo per forza avere delle relazioni e dei rapporti con la famiglia del mio partner?”. È una domanda impegnativa nel senso che il tema è impegnativo, le relazioni sono una delle cose più complicate ma anche più ricche che abbiamo all’interno delle nostre vite e la relazione col partner ovviamente è la relazione maestra soprattutto una volta che siamo diventati adulti. Molte coppie si trovano a vivere questo dilemma, cioè che posizione dare alla famiglia di origine dell’uno e dell’altra, che tipo di contatti avere, che tipo di rapporti avere, che tipo di comunicazioni veicolare e molto spesso si generano degli squilibri, perché l’argomento è inevitabilmente complesso.

Diciamo che non c’è un giusto e uno sbagliato sull’avere o non avere rapporti con la famiglia di origine del proprio partner, purché ci sia un accordo tra i due partner. Il problema insorge quando non si è d’accordo, quando in qualche modo ci viene chiesto di fare qualcosa che è lontano dalle nostre corde. Il problema si genera quando noi non rispettiamo o non accettiamo, perché magari non condividiamo il rapporto che il nostro partner ha con la propria famiglia e che noi in un qualche modo dobbiamo andare a replicare, perché è questo che lui o lei si aspetta da noi.

Per tornare alla domanda iniziale non è obbligatorio ovviamente avere contatti con la famiglia del partner. Ipotizziamo che un partner voglia avere rapporti con la sua famiglia e l’altro no, perchè magari si sente in difficoltà all’interno di una dinamica familiare troppo ingombrante (immaginiamo il classico e stereotipato triangolo marito-mamma-moglie): sentendosi in qualche modo estranea, non accettata, questa persona si allontana e inizia a prendere delle distanze che in origine possono essere anche accettate della serie “quando vai tu a trovare i tuoi genitori io vado a farmi un giro, dedico del tempo a me” ma che sul lungo periodo rischia di andare ad ingigantire le tensioni. Le difficoltà aumentano o vengono percepite come gravi quindi non affrontando il problema progressivamente si rischia di arrivare ad un aut aut della serie “dai tuoi non ci vengo, perché non riesco ad avere un rapporto con tua madre, perché che tua madre non mi accoglie” e tutta una serie di rivendicazioni, ovviamente reciproche, perché poi ci sarà anche la campana della suocera che dirà qualcosa ma dall’altro lato.

Il rischio vero è che il partner percepisca una sorta di lotta di potere e percepisca di essere davanti ad un bivio, dove la scelta è impossibile: da un lato dovrebbe scegliere sua madre, rinunciando alla partner, nell’altro caso dovrebbe scegliere la partner ma rinunciando alla propria madre o alla propria famiglia, e questa è ovviamente una scelta impossibile quindi è qualcosa che dovrebbe essere organizzato diversamente. Tendenzialmente quando si costruisce una famiglia si costruisce una nuova coppia e quindi si mettono i paletti anche per andare a costruire una nuova famiglia: è chiaro che questa dovrebbe diventare prioritaria, anche rispetto alla famiglia di origine.

È chiaro che la coppia dovrebbe essere sempre resa prioritaria rispetto alle famiglie di origine ma le famiglie di origine non possono essere escluse totalmente soprattutto nel momento in cui il partner non vuole. Qui si deve necessariamente trovare una soluzione e la via appunto non è quella di dare un aut aut ma è quella di mettere su una specie di scala delle priorità la relazione, dove una non potrà mai escludere l’altra ma dovrà essere sicuramente considerata prioritaria rispetto all’altra e quindi qui la coppia deve avere un qualche tipo di creatività nel riuscire a trovare una soluzione; se il partner dovesse accettare di interrompere i contatti con la propria famiglia di origine potrebbe andare bene però il costo che gli viene chiesto di pagare per far parte della coppia è enorme, potrebbe anzi di contro accettare che noi non abbiamo relazioni e frequentazioni con la sua famiglia di origine però anche qui il costo potenzialmente è alto a meno che lui stesso non sia in grado di comprendere la patologia e la difficoltà, la crisi che noi denunciamo ai suoi occhi quando siamo all’interno di quella famiglia e dalla quale quindi vogliamo sottrarci. Siccome spesso non è così la via risulta essere proprio questo, cioè quella di rendere una relazione prioritaria all’altra senza però renderla totalizzante.

Quindi il consiglio è quello di provare a parlare, confrontarsi per riuscire a capire quali sono gli elementi di dissonanza, gli elementi di fastidio, di fatica cioè cosa dello stare all’interno di questa famiglia determina disagio e come questo può essere risolto: sono dei temi estremamente delicati ma anche estremamente ricchi all’interno di ciascun rapporto sentimentale, per questo è importante che la coppia ci metta su la testa e lo faccia con chiarezza, non lasciando queste potenziali criticità nella categoria dei non detti. Chiaro che un terapeuta in questo caso soprattutto che si occupa di relazioni, di coppia e di famiglia può dare il suo contributo anche se la terapia non è l’unica via per riuscire a risolvere i propri problemi.

Dr. Matteo Radavelli – Psicoterapeuta e Psicologo Como
Via Dante Alighieri 95, 22100 Como CO
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Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo ad orientamento sistemico relazionale, ho conseguito la Laurea in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, con successiva specializzazione in psicoterapia presso lo European Institute of Systemic-relational Therapies (E.I.S.T.). Svolgo la mia attività come professionista dal 2011 e mi occupo di percorsi di psicoterapia individuale, psicoterapia di coppia e familiare.

Dirigo e coordino 7 studi di psicologia a Como e in provincia di Lecco e di Monza Brianza

Dr. Matteo Radavelli: Ciao, sono il Dr. Matteo Radavelli, Psicologo e Psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale. Mi sono laureato in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l'Università degli studi di Milano Bicocca e specializzato in psicoterapia allo European Institute of Systemic-relational Therapies (E.I.S.T.). Ho lavorato per il Cassel Hospital di Richmond (Londra) e per l'Ospedale Maggiore Sant'Anna di Como come consulente psicologo, per il quale ho gestito il servizio "Stai Bene col Tuo Lavoro", rivolto ad imprenditori e dipendenti che hanno sviluppato una difficoltà psicologica connessa a problemi lavorativi ed economici. Attualmente dirigo e supervisiono 6 centri di psicologia e psicoterapia: Arcore, Monza, Seregno e Agrate Brianza (provincia di Monza e Brianza), Como e Merate (provincia di Lecco). Nel mio lavoro mi rivolgo ad individui, coppie e famiglie che attraversano un momento di difficoltà, partendo dal presupposto che il disagio non va considerato come esclusivamente interno all'individuo, ma come parte del sistema di relazioni in cui vive. Questa modalità consente di evidenziare i vincoli che mantengono la difficoltà e favorisce la loro rinegoziazione e superamento. Il metodo da me utilizzato è particolarmente utile in situazioni di ansia, problemi relazionali e problemi sessuali. Insieme dedicheremo i primissimi incontri ad approfondire il problema, costruendo la strada verso il cambiamento desiderato.
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