Ognuno dei suoi insegnanti mi diceva quale gioia fosse averla in classe. (..) Un’altra (madre) si presentò con una nota dell’insegnante della figlia anoressica di dodici anni: sarebbe difficile trovare una signorinetta più dolce e più brava.  Queste madri, al pari di molti altri genitori, erano contente di testimonianze del genere, in quanto confermavano la loro convinzione che la paziente misera, rabbiosa e disperata era stata la migliore, la più intelligente, più dolce, obbediente e compiacente delle figlie!  (H. Bruch)  

 

Questo è un breve estratto di un libro di Hilde Bruch, La Gabbia D’oro, al tempo una delle massime esperte in campo mondiale negli studi sull’anoressia.  È naturale che con il tempo gli studi a riguardo si siano rinnovati, ampliati e modificati. Tuttavia è importante riassumere in breve alcune caratteristiche che l’autrice rintraccia nell’infanzia delle giovani anoressiche.  

Bruch pone in primis l’attenzione sullo stupore dei genitori, i quali stentano a credere che la bambina amorosa, rispettosa e disciplinata che conoscono fosse, in realtà, vissuta in preda a grave angoscia e tensione. Sentendo le ragazze stesse scrive che la maggior parte di queste ha vissuto l’infanzia come un’esperienza piena di ansie e stress, eternamente preoccupate di risultare impari, di non essere abbastanza buone, di deludere le aspettative, con il rischio di perdere l’amore dei genitori.

“Le giovani anoressiche ripetono all’infinito di essersi sentite immeritevoli, indegne e ingrate”. (H. Bruch)

La lamentela che esse esprimono è unanime: hanno ricevuto troppi privilegi, si sono sentite schiacciate dall’obbligo di dimostrarsi all’altezza di una posizione speciale. Le affligge la discrepanza tra quanto sentono di meritare e quanto ricevono, credono di non poter mai ripagare il loro debito verso genitori tanto generosi.

L’autrice sottolinea che queste ragazze crescono confuse nei loro concetti circa l’organismo e le sue funzioni, carenti di un senso d’identità, indipendenza e governo di sé. Queste si sentono e si comportano come se non avessero diritti autonomi, come se non fossero esse stesse a guidare il loro corpo. Non si vedono realisticamente e soffrono della profonda convinzione di essere incapaci, inadeguate, insicure, di non essere padrone della propria vita.   

Sono accudite bene tuttavia la manchevolezza e le difficoltà riguardano il modello dell’interazione, tutto ciò che è fatto per loro è elargito senza essere specificatamente adattato ai loro bisogni o ai desideri della figlia stessa. I segnali che la bambina manda non vengono percepiti, tanto meno confermati. In queste famiglie crescita e sviluppo possono essere spesso concepiti come realizzazione dei genitori, non dei figli.

Caratteristica evidente delle bambine era che “non ha mai fatto storie, non ha mai fatto difficoltà”, queste infatti non facevano alcun problema per mangiare, erano obbedienti, sempre, anche nella tipica fase “di resistenza”. Avevano un comportamento esemplare in ogni capo.

Al primo incontro esse appaiono con grande vigore, orgoglio e caparbietà tuttavia si dimostrano incapaci di prendere una decisione, hanno il timore costante di non essere rispettate o di non essere considerate abbastanza. Sono prive di una considerazione su loro stesse e sul loro valore intrinseco, sono tutte tese a confermare l’immagine che altri si fanno di loro. L’infanzia di queste bambine, e la successiva adolescenza, ha per sfondo il bisogno di indovinare il pensiero altrui e fare ciò che loro ritengono gli altri si aspettano.

Episodi analizzati dalla stessa Hilde Bruch evidenziano eccessiva sottomissione, enorme riguardo e totale mancanza di autoaffermazione. Il senso di autonomia è deficitario e difficilmente esprimono ed hanno un loro punto di vista. Hanno sempre fatto ciò per cui erano addestrate a fare “per tutta la vita hanno danzato al suono di qualcun altro”.

Le bimbe divenute adolescenti brillano nelle loro prestazioni, i loro successi sono interpretati come indizio di notevole intelligenza e grandi doti; tuttavia le eccellenti prestazioni spesso sono il risultato di grandissimi sforzi. Talvolta a seguito di un esame con stupore si accorgono di non essere passate o aver ricevuto un giudizio più negativo di quanto si aspettassero. La funzione concettuale di queste ragazze si è infatti spesso arrestata ad un livello precoce. Le caratterizza una difficoltà di percezione, della loro immagine corporea, di loro stesse perché costrette ad essere brave e costrette ad evitare di suscitare critiche.

Questo atteggiamento è riscontrabile anche nelle amicizie, che rivelano un eccessivo adattamento agli altri, adattamento che caratterizza tutta la loro vita. Spesso hanno avuto una serie di amicizie, uniche, un’amica alla volta, con la quale sviluppavano interessi diversi rispetto l’amica precedente. Seguivano infatti i gusti e le iniziative dell’amica del periodo, dimenticando la loro individualità.

Data l’estrema gravita del quadro è fondamentale sforzarsi nel riconoscerne le fasi iniziali, Bruch afferma: “la bambina che non da mai fastidio, è già nei guai!”. Queste bimbe personificano l’idea di perfezione insita in genitori, insegnati, famiglie e sistemi in cui sono inserite, facendolo però in maniera esagerata. Una vera e adeguata prevenzione richiede di riconoscere precocemente il segno della grande sofferenza interiore nella loro perfezione esteriore.

 

Bibliografia:

Bruch H. La gabbia d’oro. L’enigma dell’anoressia mentale In: Universale Economica- Saggi. Volume 2. Milano: Universale Economica; 2006. 53-70. 

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