In un precedente articolo abbiamo parlato di anoressia, ora vediamo in cosa consiste questo secondo disturbo del comportamento alimentare e quali sono le caratteristiche che lo differenziano dall’altro.
Anoressia e bulimia molto spesso condividono dei sintomi che possono trarre in inganno, soprattutto per quanto riguarda la fase diagnostica. La bulimia è un disturbo del comportamento alimentare che è caratterizzato da frequenti abbuffate, durante le quali la persona introduce un numero eccessivo e sproporzionato di calorie rispetto al proprio fabbisogno, e sono successivamente seguite da condotte compensatorie ossia tutti quei comportamenti rivolti a cercare di smaltire le calorie assunte: vomito, induzione del vomito, iper allenamento, utilizzo di lassativi, utilizzo di diuretici, ecc… Le persone bulimiche hanno una grande angoscia rispetto al proprio peso e hanno una connessione diretta tra l’autostima e il peso o la propria forma corporea. Solitamente mettono in atto questi comportamenti subito prima o subito dopo momenti definiti disforici, momenti di stress o alterazioni nello stato emotivo.
Anche la bulimia, come l’anoressia, è una patologia prevalentemente femminile, la sua incidenza va dallo 0,3 al 9,4% mentre negli uomini è presente tra lo 0,1 e l’1,4%. Ci sono delle caratteristiche importantissime che differenziano l’anoressia dalla bulimia e la prima, la più importante di tutte, è sicuramente il peso. Poiché se l’anoressico è esplicitamente sottopeso, cioè ha una magrezza preoccupante, non è affatto detto che lo sia il bulimico. Anzi solitamente il bulimico è normopeso, o leggermente sovrappeso, questo perché tutte le condotte compensatorie messe in atto non sono così efficaci perché sono spot mentre il comportamento dell’anoressico è restrittivo e costante.
Un’altra differenza rispetto all’anoressia è l’età in cui il disturbo insorge: se l’anoressia colpisce soprattutto in adolescenza, la bulimia può presentarsi tra i 16 ed i 40 anni circa. Anch’essa è un disturbo del comportamento alimentare e come tale va trattata, e adesso il trattamento prevede degli interventi sia dal punto di vista clinico, medico, sanitario, sia dal punto di vista psicologico. Anche qui ci sono degli aspetti importanti legati a qual è il tessuto sociale interno nel quale siamo cresciuti, e all’interno del quale continuiamo a vivere. L’intervento migliore è quello combinato dal punto di vista medico e dal punto di vista psicoterapeutico.
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Psicologo Psicoterapeuta Sessuologo ad orientamento sistemico relazionale, ho conseguito la Laurea in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, con successiva specializzazione in psicoterapia presso lo European Institute of Systemic-relational Therapies (E.I.S.T.). Svolgo la mia attività come professionista dal 2011 e mi occupo di percorsi di psicoterapia individuale, psicoterapia di coppia e familiare.
Dirigo e coordino una equipe di psicologi a Como e in provincia di Lecco e di Monza Brianza