Ansia da riapertura

“Dottore, perché dopo la pandemia inizio ad avvertire ansia nel ritornare in contesti sociali?”

Questo è uno degli effetti “post” pandemia: le gabbie sono state progressivamente riaperte e anche se comunque molte limitazioni e trasformazioni della realtà sono ancora presenti ed altre verosimilmente resteranno per sempre attuali, la vita sembra essere tornata quella di prima. Se dobbiamo prendere la lente di ingrandimento e andare a zoomare sempre più in profondità, già solo sul tema ansioso ci sono delle riflessioni che probabilmente vale la pena di fare: l’ansia e la pandemia sono inevitabilmente connesse tra loro nel senso che già nel momento in cui eravamo in pieno lockdown si viveva una condizione per cui tutta una serie di disturbi o potenziali disturbi ansiosi si sono manifestati e tanti altri invece si sono sopiti.

Provate a pensare ad esempio a una persona che è estremamente socievole: stare in casa, costretta all’interno delle proprie 4 mura, potrebbe suscitare in questa persona tutta una serie di disturbi ansiosi che viaggiano sul binario della claustrofobia, quella patologia classica per cui l’esempio emblematico è l’ascensore. Questa persona, in uno spazio estremamente chiuso inizia ad avvertire tutta una sintomatologia ansiosa; durante il lockdown era sicuramente esposta ad un rischio di sviluppare dei sintomi di tipo claustrofobico. Prendiamo ora come esempio la sua antitesi e cioè una che preferisce stare nel suo luogo sicuro, nel nido, una persona che preferisce avere poche relazioni e che ama stare nella sua zona di comfort. ATTENZIONE: non c’è una persona giusta e una sbagliata, hanno semplicemente delle caratteristiche differenti. Una persona così, tendenzialmente, nel periodo del lockdown non ha sviluppato della sintomatologia ansiosa, anzi la potenziale sintomatologia ansiosa che magari si stava sviluppando per altri motivi si è ridotta perché il lockdown ha creato dei confini sicuri.

Adesso la situazione si è esattamente invertita: c’erano i claustrofobici alle sbarre della gabbia che urlavano per uscire e c’erano invece gli agorafobici che, nel momento in cui si sono aperte le gabbie dicevano “sì, anche noi abbiamo voglia di uscire però iniziamo ad essere spaventati”. Questo perchè per gli agorafobici il lockdown aveva portato con sè anche dei benefici e questa vecchia normalità ora li destabilizza. Purtroppo queste persone non hanno approfittato del lockdown lavorare su se stesse: sapevano di avere un problema ma semplicemente lo hanno messo sotto il tappeto e ora che di colpo, dopo un periodo di zero allenamento, trovano buttate letteralmente nel mondo, vedono attorno a sè persone che corrono in continuazione per cercare di andare a recuperare il tempo che sentono essere stato loro sottratto, trovandosi spiazzate. 

In questo caso, al di là della ramanzina che ho già fatto dicendo che probabilmente si poteva approfittare del periodo per lavorarci sopra, ad oggi quello che si deve fare è andare avanti con i propri tempi, senza seguire necessariamente quello che viene detto da altri, esponendosi in maniera progressiva alla vita sociale anche approfittando delle restrizioni ancora in atto.

Dr. Matteo Radavelli: Ciao, sono il Dr. Matteo Radavelli, Psicologo e Psicoterapeuta ad orientamento sistemico-relazionale. Mi sono laureato in Psicologia Clinica e Neuropsicologia presso l'Università degli studi di Milano Bicocca e specializzato in psicoterapia allo European Institute of Systemic-relational Therapies (E.I.S.T.). Ho lavorato per il Cassel Hospital di Richmond (Londra) e per l'Ospedale Maggiore Sant'Anna di Como come consulente psicologo, per il quale ho gestito il servizio "Stai Bene col Tuo Lavoro", rivolto ad imprenditori e dipendenti che hanno sviluppato una difficoltà psicologica connessa a problemi lavorativi ed economici. Attualmente dirigo e supervisiono 6 centri di psicologia e psicoterapia: Arcore, Monza, Seregno e Agrate Brianza (provincia di Monza e Brianza), Como e Merate (provincia di Lecco). Nel mio lavoro mi rivolgo ad individui, coppie e famiglie che attraversano un momento di difficoltà, partendo dal presupposto che il disagio non va considerato come esclusivamente interno all'individuo, ma come parte del sistema di relazioni in cui vive. Questa modalità consente di evidenziare i vincoli che mantengono la difficoltà e favorisce la loro rinegoziazione e superamento. Il metodo da me utilizzato è particolarmente utile in situazioni di ansia, problemi relazionali e problemi sessuali. Insieme dedicheremo i primissimi incontri ad approfondire il problema, costruendo la strada verso il cambiamento desiderato.
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